Cercando di capire 

Una proposta appetibile

Riflessioni patafisiche sul problema dei migranti 

PREMESSA

Patafisica: Ipotetica «scienza delle soluzioni immaginarie» (secondo la definizione datane dal suo inventore, A. Jarry, in Gestes et opinions du docteur Faustroll, pataphysicien, postumo, 1911), fondata sul principio dell'equivalenza universale e della conversione dei contrari, e intesa allo studio delle «leggi che regolano le eccezioni»; parodia del pensiero metafisico (il termine pataphysique deriva dal greco ἐπί e μετὰ τὰ ϕυσικά, per indicare la scienza di ciò che si sovrappone alla metafisica), che si esprime in forme di ragionamento capziose e paradossali e in un linguaggio festosamente dissacratorio, nel solco di F. Rabelais. A essa si rifanno i membri del Collège de pataphysique, fondato in Francia (1948), cui hanno aderito scrittori (R. Queneau, B. Vian, M. Leiris, E. Ionesco), pittori (M. Ernst, J. Miró, M. Ray, E. Baj), cineasti (R. Clair), critici (M. Saillet), matematici (F. Le Lionnais) ecc., alcuni dei quali diedero vita all'esperienza contigua dell'OULIPO ( Enciclpedia Treccani online).

Informazioni più ampie, e interessanti, si possono trovare qui: il sito è un archivio e una miniera inesauribile e labirintica in cui è bello perdersi e ritrovarsi, stupiti di avervi scoperto cose che non conoscevamo ma che erano nostre senza che lo sapessimo. Ma qui si sconfina nel magico e nel platonico, rischiando di trascurare il dovuto riconoscimento alla magnifica opera della curatrice, la Serenissima Tania Sofia Lorandi, Provveditrice Rogatrice Generale del Collage de 'Pataphysique: Tania è un'artista che conosco e stimo da decenni, ed è stato bello incontrarla recentemente all'evento patafisico in cui ho presentato l'Appetibile proposta.

Fra le tante sfaccettature che, come accade ad ogni essere umano, concorrono a definire la mia realtà di individuo, una è poco, anzi pochissimo, conosciuta anche fra le persone che frequento abitualmente: la mia appartenenza al Circolo patafisico vitellianense. La mia frequentazione di eventi patafisici fu solennizzata con la nomina a Dottore in Patafisica Paragnostica durante una bellissima festa a Pomponesco, e conservo con emozione ancora viva il diploma che mi fu consegnato con parecchie belle firme fra le quali ricordo quella di Enrico Baj, Imperatore Analogico, e di Afro Somenzari, Provveditore Occulto dell'Ordine della Grande Giduglia, mio caro amico, caleidoscopico artista, fondatore di FUOCOfuochino (la più povera casa editrice del mondo) e Reggente del Circolo Patafisico Vitellianense al quale appartengo. C'era anche Alda Merini alla festa, ma non è tra quelli che firmarono il mio diploma.

Di quando in quando mi capita di portare un contributo a queste belle feste: l'articolo che segue è la rielaborazione di un intervento che feci a un evento (Il Tripode patafisico) a Firenze.

Una proposta appetibile
Riflessioni patafisiche sul problema dei migranti
 

INTRODUZIONE

Visti i tempi che corrono, guardando la realtà con con occhio disincantato, si potrebbe mettere a frutto la consapevolezza che l'Unione Sovietica è crollata non perché i comunisti mangiavano i bambini, ma perché li cucinavano male.

Suscitano preoccupazione i problemi della fame nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo e della povertà in aumento nelle fasce basse della popolazione dei paesi cosiddetti sviluppati. Soprattutto, in questi ultimi, inquietano le tensioni sociali interne e la pressione esterna esercitata sui confini da grandi masse di persone che tentano di fuggire dai loro paesi devastati da guerre e carestie

Quando ero un giovanotto (oltre mezzo secolo fa) conobbi in casa di amici uno studente africano di non ricordo bene quale ex colonia francese, e fui molto colpito dal suo rifiuto di stringermi la mano quando fummo presentati: spiegò poi che da bambino aveva visto suo nonno novantenne legato a un palo, frustato a sangue e lasciato morire arso dal sole. Erano stati soldati bianchi, e aveva giurato a se stesso di non accettare nessun rapporto di confidenza con un bianco.

Mi vergognai moltissimo, pensando che noi Italiani in Africa avevamo tenuto un comportamento del tutto diverso, che avevamo portato la civiltà, eravamo stati buoni... Allo stesso modo, secondo me, in Grecia e Jugoslavia (tra l'altro mio padre aveva fatto la guerra là) gli Italiani si erano certo comportati da brava gente, quelli capaci di essere cattivi erano i tedeschi e gli slavi!

BASTA BUONISMO, È FINALMENTE L'ORA DEL CATTIVISMO

Poi, pian piano, le cose si sono andate ridefinendo. Da un lato una storiografia spregiudicata ha sconvolto molte certezze ingenue, dall'altro gli Italiani stessi hanno ripreso sicurezza nel confrontarsi con gli altri, hanno imparato a non vergognarsi e anzi ad essere fieri della loro capacità di essere realistici e duri nel far valere le loro ragioni. Quando, nel 2005, Angelo Del Boca (massimo studioso del colonialismo italiano) pubblicò il libro "Italiani, brava gente?" la risposta implicita era certo NO!

E quindi basta con l'immagine dell'italiano bonaccione sorridente, servizievole e buono cioè coglione. Anche noi siamo capaci di essere cattivi quando è necessario, e lo abbiamo dimostrato senza ombra di dubbio, non è proprio il caso di coltivare complessi d'inferiorità. Ed è spiacevole dover osservare che questo recupero trovi ancor oggi tante difficoltà, se pensiamo che perfino un insospettabile testimone televisivo della verità è caduto nella trappola di attribuire a feroci partigiani jugoslavi la fucilazione di civili italiani rappresentata in questa fotografia, finché due storici presenti alla trasmissione gli hanno fatto osservare che si trattava invece di civili sloveni fucilati da soldati italiani!

Perché mai abbiamo visto noi stessi in un'ottica goffamente distorta e umiliante? Come mai per decenni gli Italiani hanno diviso le preferenze elettorali quasi solo fra democristiani e socialcomunisti, sulla base di slogan di uguaglianza, giustizia e belle parole? E meno male che le classi dirigenti in realtà se ne fregavano anche prima della fine delle ideologie, se no sai con tutta la melassa di buonismo che colava fra paradiso e bel sol dell'avvenir! Ma adesso anche la gente comune non ci crede più e sta tirando fuori le unghie e le palle. Ogni giorno di più le cronache mostrano un'Italia che si sta svegliando e dice con sempre maggiore decisione che non vuole più stare nei vecchi schemi: i tempi sono maturi per trarre le conseguenze di un cambiamento che già è in atto.

Ogni italiano, anche la gente comune e non soltanto i mafiosi, sa essere duro ed efficace quando è giusto esserlo, per difendere i suoi interessi, i suoi cari e i suoi beni. Per questo, e non per altro, vogliamo poter avere tante armi e, quel che più conta, poter usarle. Ai ladri nei paesi arabi vien tagliata la mano, in America come niente si spara ai negri magari anche immobilizzati a terra o con le mani alzate, è immorale che noi Italiani dobbiamo andare in prigione se facciamo lo stesso. Adesso in Italia se io sto esercitando il diritto-dovere di ammazzare un ladro debbo stare attento, perché se si butta a terra o mi volta le spalle passo dalla parte del torto... così poi se resta invalido o muore rischio di andare in galera e di pagare i danni!

Che cosa è accaduto per produrre una così rapida trasformazione dell'immagine che gli Italiani hanno e danno di sé? La risposta è semplice: le migrazioni e la pretesa dell'Europa di accollarne il peso, i rischi e i costi a noi. Con il risultato che in Italia abbiamo un numero intollerabile di extracomunitari, anche se la Comunità europea lo nega, arrivando addirittura a sostenere (cifre alla mano: ma quando mai le cifre, le statistiche e i dati scientifici contano più del sentire del popolo?) che ce ne sono di più in altri paesi.

Tutto è accaduto molto in fretta, troppo in fretta, e allora gli Italiani, come le formiche nel loro piccolo, nella loro spontaneità s'incazzano e non accettano. E si stringono attorno alla loro identità e ai loro valori: i loro crocifissi, le loro auto, le loro villette (anzi, villètte) i loro telefonini, la loro lingua e i loro dialetti, le loro tradizioni, la loro cucina, le loro squadre di calcio... Siamo in una situazione di emergenza, siamo sotto attacco, stiamo subendo un'invasione da parte di gente determinata a sostituirsi a noi portando religioni, lingue, costumi e stili di vita incompatibili con i nostri e spesso anche, diciamocelo senza paura, imponendo colori di pelle e forme di viso cranio e corpo che mal si inquadrano con la storia di questo paese. Senza dire che stuprano, spacciano, rubano, mendicano, puzzano, fanno i bisogni dove capita, non hanno voglia di lavorare e quando lavorano rubano il lavoro agli Italiani. E fanno un sacco di figli.

LA PROPOSTA APPETIBILE

Al momento attuale la situazione sembra sfuggita ad ogni ragionevole controllo, e dico ragionevole nel senso di praticabile in termini di efficacia e di sostenibilità economica: non possiamo svenarci per controllare i mari e i porti, col risultato che in ogni caso sbarchi clandestini avvengono di continuo e decine di migranti affogano quando la pacchia finisce ancor prima di cominciare. E tutti questi affogamenti nel Mediterraneo hanno già causato danni gravissimi al turismo, al punto che un certo Vauro Senesi ha proposto di annegarli a casa loro, certo mostrando lodevole spregiudicatezza ma peccando di scarso realismo, visto che si tratterebbe di intervenire su fronti troppo vasti e complessi. Non abbiamo la fortuna dell'Ungheria che può circondarsi di filo spinato, noi abbiamo migliaia di chilometri di coste e anche dire affonda il clandestino non può andare oltre il senso di un'allegra goliardata identitaria.

Ma i tempi sono maturi, ho detto prima, per un vero salto di qualità nel nostro porci di fronte al problema. E prendo le mosse da un altro ricordo di quand'ero giovanotto: mi raccontarono a Sorano che un contadino, falciando l'erba, essendosi mozzato un dito corse a casa gridando "Moglie, fasciami il piede e friggimi questo dito, voglio sentire che gusto ha la carne umana". E pare che l'abbia trovata buona, come confermano molti altri che ne hanno scritto in varie circostanze.

Ecco, secondo me il problema dell'eccessivo numero di migranti potrebbe essere affrontato destinandone una quota all'uso alimentare. Naturalmente si dovrebbero emanare norme adeguate, regolamentare la cosa in modo da evitare abusi: un po' quello che andrebbe fatto anche per la prostituzione, interessante aspetto (disordinato ma non del tutto censurabile) dell'assorbimento del fenomeno migratorio nel nostro stile di vita. Una volta emanate leggi adeguate, gli Italiani si adeguerebbero senza sforzo alla nuova definizione di questi aspetti della realtà, un po' come avvenne nel 1938 per la questione ebraica o come sta avvenendo ora con la questione della chiusura dei porti. Tutti sappiamo che, al tempo delle leggi razziali, c'era chi, invece di fare il proprio dovere obbedendo alle leggi, aiutava gli ebrei. E sappiamo che anche oggi un sacco di buonisti radical chic si oppone, anche passando a vie di fatto, alle leggi che tutelano le nostre coste... ma i vari Cacciari e Lucano se ne facciano una ragione: se la legge stabilisce che essere clandestino è reato, il clandestino è un delinquente e da delinquente deve essere trattato (su questo siamo tutti d'accordo, giusto?), e allora quando la legge stabilirà che i migranti sono commestibili li mangeremo. E se questi buonisti non saranno d'accordo, pazienza... che mangino brioches.

CONSIDERAZIONI FINALI

1 - Anche se siamo arrivati ai limiti della pazienza, nonostante l'esasperazione e le provocazioni non dovrebbe esserci un atteggiamento punitivo, si dovrebbe cercare di definire una cornice consensuale: quindi NON si dovrebbero destinare gli adulti all'uso alimentare (oltretutto la loro carne sarebbe meno pregevole) a meno che non lo chiedano essi stessi (almeno una volta questo è capitato, in Germania). Per i bambini deciderebbe la famiglia, come accade per circoncisione, infibulazione e, spesso, matrimonio.

2 - I bambini dovrebbero essere consumati entro il secondo o terzo anno, e le famiglie dovrebbero essere molto ben pagate e ricevere sovvenzioni per l'acquisto dei mangimi... scusate, alimenti: in tal modo dovrebbero giungere a sentire la cosa come un'opportunità accettabile quando non una desiderabile fonte di reddito.

3 - Non sarebbe opportuno destinare all'uso alimentare i primi nati; per contro si potrebbe considerarne l'obbligo dopo il secondo nato.

4 - Il consumo alimentare di carne umana dovrebbe essere definito e proposto come un grande privilegio di nicchia, quindi essere costosissimo. Come ci hanno mostrato gli studiosi di marketing, se ben gestito questo fattore aumenta la desiderabilità e il consumo delle merci. Andando al ristorante con un'automobile pagata un milione di euro e bevendo una bottiglia di vino da duemila euro, quanto sarà giusto pagare un filetto di bambino alla Voronoff?

5 - "Ma Santo Cielo, sono bambini!", dirà qualcuno. E allora? Anche gli agnelli fanno tenerezza da vivi, poi crescendo diventano montoni aggressivi e puzzolenti. Allo stesso modo quei bambini, crescendo in condizioni misere, da grandi ruberanno, spacceranno o si radicalizzeranno.

POSTILLA, CREDITS

Nel 1729 Jonathan Swift, che era irlandese, pubblicò "Una modesta proposta per evitare che i figli dei poveri siano di peso ai loro genitori e al paese e per renderli utili alla società", un pamphlet in cui sottolineava le terribili condizioni di miseria degli Irlandesi e proponeva di destinare alcuni bambini ad un uso alimentare: fu molto amareggiato per le critiche aspre che alcuni gli rivolsero prendendo sul serio quella che era per nelle intenzioni una violenta e scandalizzata satira. A mia volta vorrei precisare che invece io sarei molto amareggiato se qualcuno prendesse come satira la mia proposta appetibile.

Ora vi saluto. Volentieri mi fermerei con voi stasera ma, parafrasando Hannibal Lecter, debbo andare a casa: ho un migrante per cena.

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