Eroi e vigliacchi

I genitori di mia madre, i maestri e gli eroi... non necessariamente in quest'ordine

In quinta elementare ebbi una maestra che amai (e mi amò) moltissimo: la conobbi particolarmente bene perché per mesi la frequentai oltre l'orario scolastico, per la preparazione all'esame di ammissione alla Scuola Media.
Solo chi è nato prima del 1950 sa di che cosa si tratti, perché nel 1962 la Scuola Media diventò obbligatoria e l'esame di ammissione fu eliminato. Ai miei tempi l'istruzione obbligatoria si concludeva di fatto con l'esame di Licenza elementare, conseguita la quale si aprivano tre strade: il lavoro, le Scuole di Avviamento al lavoro e la Scuola Media, e per essere iscritti alla Scuola Media bisognava sostenere un esame di ammissione. Si trattava di un esame piuttosto severo, per il quale durante gli ultimi mesi della quinta classe gli alunni si preparavano con uno studio supplementare. Non era dunque uno studio curricolare, si andava a lezioni "private", spesso a pagamento. Io a quei tempi abitavo in campagna, frequentavo la Scuola Elementare a San Vito e nella mia classe fummo in due a sostenere l'esame di ammissione, dopo essere stati amorevolmente e gratuitamente preparati dalla nostra maestra. Emma Colfi si chiamava, Dio la benedica: alcuni decenni dopo andai a trovarla, e fu un incontro (anche) nel segno della restituzione, perché fra le altre molte cose le dissi che avevo scelto la professione dell'insegnamento.
Emma Colfi aveva molti punti di contatto con la maestrina dalla penna rossa, e le sue lezioni di storia erano piene di spirito ed espressioni patriottiche. Si commoveva parlando di Pietro Micca o Nazario Sauro, e ancora adesso, dopo tre quarti di secolo, mio fratello (fu anche sua maestra) e io ci facciamo domande come "che cosa facevano Ciro Menotti e gli altri patrioti quando furono sorpresi dalla polizia ducale?" Forse chi mi legge non lo sa, ma chi è stato alunno della maestra Colfi non ha dubbi: preparavano cartucce e bandiere!

Uno degli eroi di cui la maestra Colfi ci parlava, Enrico Toti, è particolarmente adatto a rappresentare una contraddizione insita nel concetto di eroe, e allora proviamo a definire quel che intendiamo per eroe... anzi, andiamo prima a vedere chi fu Enrico Toti, che per me resta indelebilmente legato alle commosse parole della maestra che ci mostrava l'immagine dell'eroe mentre scaglia la stampella contro il nemico. Qui si apre la pagina a lui dedicata su Wikipedia.

Oggi la parola eroe può apparire un po' consumata dall'uso plurimillenario: per gli antichi Greci eroe era un personaggio straordinario, spesso figlio di un essere umano e uno divino (Eracle figlio di Zeus e Alcmena, Achille figlio di Peleo e della ninfa Teti...) o comunque portatore di virtù eccelse (Ettore, Ulisse...). Poi si sono definiti eroi personaggi che hanno compiuto imprese eccezionali in nome di idee e valori elevati come patria, giustizia (Garibaldi, Gandhi...) o dimostrando grande coraggio (Enrico Toti) o abnegazione (Salvo D'Acquisto). 
Adesso si usa la parola eroe anche in modi difficili da includere nei criteri che ho cercato di indicare... un esempio significativo è il titolo di un articolo su una rivista di turismo:
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Mi pare importante osservare che anche qui ci troviamo di fronte ad una grande complessità di atteggiamenti emotivi nella venerazione e ammirazione della figura eroica: l'eroe è oggetto di culto perché incarna la possibilità che un valore si realizzi... in altri termini perché una persona sia considerata eroica è importante che i suoi ideali di riferimento siano condivisi, sicché accade talvolta che chi da una parte è considerato eroe dalla parte avversa sia odiato o disprezzato... ma questo è un discorso assai complesso da sviluppare in altra sede: voglio solo ricordare che al Concerto di Capodanno che ogni anno si tiene nella magnifica Sala Dorata del Musikverein di Vienna anche gli italiani presenti applaudono a ritmo quando i Wiener Philarmoniker eseguono la Radetzky Marsch, che fu composta nel 1848 da Johann Srauss padre in onore del Maresciallo Josef Radetzky, eroe della patria per aver riconquistato Milano... ma che la maestra Colfi nel suo ardore patriottico mi aveva rappresentato come impiccatore di patrioti.
Ma non solo le frontiere gli ideali e le fedi definiscono eroi e oppressori in maniera bifronte, anche le barriere di classe e le lotte per mantenerle o abbatterle hanno prodotto eroi controversi. Fra i tanti esempi voglio citare John Brown, eroe per gli antischiavisti e giustamente impiccato per gli schiavisti, il generale Fiorenzo Bava Beccaris (il feroce monarchico Bava delle canzoni socialiste e anarchiche), insignito della massima onorificenza da Umberto Primo di Savoia per aver represso nel sangue gli scioperi del 1898 a Milano, e l'epopea dei Briganti ancora oggi oggetto di un controverso sforzo di comprensione storica.

Il padre di mia madre (Giovanni Bagnoli detto Nino) aveva perso quasi completamente la vista di un occhio quando era bambino: l'organo era stato salvato ma non la funzionalità, e una vistosa cicatrice sull'iride testimoniava il danno subito.
Quando, nel maggio cosiddetto radioso del 1915, il Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austro-ungarico, mio nonno Nino era sposato da alcuni anni con Anna Maria Pasini, detta Marianna, detta Nina: nel 1913 avevano avuto una figlia, Ennia, e Nina era incinta al settimo mese... il 13 luglio 1915 nacque una bambina (Wanda) che poi fu mia madre.
Nel corso della mobilitazione generale e dell'arruolamento, mio nonno Nino fu chiamato di nuovo alla visita militare (era stato riformato a suo tempo per il difetto dell'occhio), e da ragazzo gli ho sentito più volte raccontare il colloquio fra lui e l'ufficiale medico. Questi gli propose un piccolo intervento correttivo, che avrebbe eliminato la vistosa cicatrice rendendogli possibile l'arruolamento.

"E recupererò la vista?" chiese mio nonno.
"No, ma potrai andare al fronte!" fu la risposta.
"Se è così, preferisco tenere la cicatrice..."
"Allora sei un vigliacco!"
"Se lo dice lei..." 

La vecchia guardia
muore ma non s'arrende
come resta a testimoniare
la giovane guardia
che s'arrende ma non muore.
(Anonimo del XX Secolo) 

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